L'ARTIGLIO
RETRATTO
Testo e foto di Ivo
Ginevra
Pubblicato su Italia
Ornitologica n. 6-7 anno 1997
L'
artiglio retratto è purtroppo una patologia che comincia ad essere
sempre più frequente negli allevamenti amatoriali e non. Consiste
in una malformazione, precisamente nella flessione verso l'interno dell'artiglio
posteriore e della flessione verso l'esterno di uno dei tre artigli
della zampa del volatile . Generalmente colpisce l'artiglio posteriore
anche se non è raro incontrarlo nei rimanenti artigli anteriori.
Probabilmente la natura di tale imperfezione nasce da una errata e costante
selezione che gli allevatori hanno perpetuato per anni nei loro ceppi
domestici esasperando così oltre ai pregi anche i difetti; comunque
tale malformazione è stata in molti casi osservata in natura
specialmente negli uccelli esotici "strictu sensi. La conseguenza
di tale malformazione è la evidente instabilità del volatile
sul posatoio che si vedrà scivolare la zampa, poichè l'artiglio
e soprattutto l'unghia non possono assolvere alla loro funzione di presa,
anche se di per sè tutto questo non turba le funzioni vitali
dell'uccello. Infatti, le attività di volo non vengono minimamente
intaccate da tale problema e le altre attività, come quelle della
riproduzione e dell'alimentazione, vengono regolarmente svolte senza
particolari difficoltà. L'unica precauzione da osservare per
evitare al volatile di affaticarsi ed indebolirsi più del necessario
consiste nell'accorciare periodicamente tutte le unghia della zampa
man mano che esse crescono e fornire la gabbia di posatoi più
consoni all'utilizzo della presa da parte dello sfortunato animale;tutto
questo solo per chi vuole del suo uccellino la sua allegra compagnia
ed il suo grazioso canto. Il discorso cambia e di molto per l'allevatore
che ha veleità espositive; infatti costui dovrà in ogni
caso selezionare un ceppo che non abbia questo difetto e quindi scartare
drasticamente dalla fase di riproduzione tutti quegli animali che presentano
tale malformazione (anche se bellissimi) e ciò per evitare che
il "gene mutato" (se di natura ereditaria possiamo parlare)
possa entrare a par parte del corredo genetico dell'intero ceppo.
Valga quindi la norma "prevenire è meglio che curare".
Se poi vogliamo proprio parlare di "cura" allora, non rendendosi
ancora possibile il trapianto della zampa è chiaro che bisognerà
intervenire quando i tessuti sono ancora morbidi e le ossa in formazione,
altrimenti ogni tentativo di rimedio sarà cosa vana. Bisognerà
necessariamente individuare la malformazione ai primi segni del suo
manifestarsi e precisamente quando i piccoli sono ancora dentro al nido.
E' questo il tempo giusto per poter intervenire salvando lo sfortunato
colpito dal difetto. In tal caso è consigliabile preparare una
piccola strisciolina di leucoplasto o di cerotto dalla larghezza di
3 o 4 millimetri per una lunghezza di 2 o 3 centimetri, riportare l'artiglio
malato nella giusta posizione (meglio ancora se un po' all'indietro)
ed applicare la strisciolina di sparatrappo fra la zampa e l'artiglio
con logico movimento rotatorio del bendaggio.L'operazione all'apparenza
molto semplice, nella realtà si manifesta cosa un po' ardua,
poiché le dimensioni ridotte della parte da trattare, le maldestre
dita dell'allevatore imbrigliate nella manipolazione del materiale da
bendaggio che per le prime volte gli si attaccherà un po' dovunque
perdendo la sua originaria presa e purtroppo la trazione dell'artiglio
commista all'irrequietezza del volatile completeranno il quadro che
all'inizio dell'operazione sembrava semplice e generalmente obbligheranno
l'allevatore ad effettuare numerosi controlli ed a ripetere più
volte la manovra di correzione.Dopo circa 60 giorni o nel caso anche
di più, se la fasciatura ha resistito a tutti i tentativi di
liberazione effettuati dal malcapitato e se la fortuna avrà aiutato
gli audaci, il risanato volatile potrà fare bella mostra di se
in qualche competizione. Chiaramente l'intervento proposto si effettuerà
solo quando l'artiglio offeso è quello posteriore, caso contrario
se colpiti dalla malformazione sono gli artigli anteriori, le possibilità
di riuscita saranno minori e bisognerà industriarsi un bel po'
per applicare una valida fasciatura. Tale fasciatura non dovrà
essere applicata rigidamente, altrimenti si rischierà di non
consentire la naturale irrorazione sanguigna dell'artiglio con la conseguente
cancrena e la naturale caduta (avulsione) dello stesso. Questa raccomandazione
non è di poco conto, perché la conseguenza della non osservazione
è la perdita dell'artiglio.Dopo circa 60 giorni o nel caso anche
di più, se la fasciatura ha resistito a tutti i tentativi di
liberazione effettuati dal malcapitato e se la fortuna avrà aiutato
gli audaci, il risanato volatile potrà fare bella mostra di se
in qualche competizione. Chiaramente l'intervento proposto si effettuerà
solo quando l'artiglio offeso è quello posteriore, caso contrario
se colpiti dalla malformazione sono gli artigli anteriori, le possibilità
di riuscita saranno minori e bisognerà industriarsi un bel po'
per applicare una valida fasciatura. Tale fasciatura non dovrà
essere applicata rigidamente, altrimenti si rischierà di non
consentire la naturale irrorazione sanguigna dell'artiglio con la conseguente
cancrena e la naturale caduta (avulsione) dello stesso. Questa raccomandazione
non è di poco conto, perché la conseguenza della non osservazione
è la perdita dell'artiglio. Purtroppo ho vissuto personalmente
tale disavventura su un piccolo Cordon Blu dell'Angola, nato con l'artiglio
posteriore retratto nel 1995. Perduto l'arto, poichè il soggetto
era di buona qualità, decisi di tenerlo lo stesso non per metterlo
in riproduzione ma per la sola gioia dei miei occhi. Ebbene a distanza
di 3 anni, la natura ha cercato di riparare all'accaduto e riuscendovi
ottimamente, infatti, sfruttando al massimo la capacità prensile
di quel piccolo moncherino deformato che era l'artiglio posteriore,
con quella che potremmo definire "la forza della natura",
ha portato indietro il terzo artiglio anteriore della zampa colpita,
modificando totalmente la sua originaria forma con una che seguendo
la rotondità del posatoio, permetteva di dare una ridotta ma
buona presa posteriore ed aggiungendosi a quella del moncherino posteriore,
dava un ottima stabilità alla zampa con il conseguente beneficio
generale del volatile.
Ivo Tiberio Ginevra