IL DIAMANTE DI BICHENOW
(Stictoptera bichenovii)
Articolo di Ivo Ginevra
pubblicato su Alcedo n.31/2007
Originario
dell’Australia settentrionale, prende il suo nome in onore a J.
E. Bicheno, illustre segretario della “Linnean Society”
di Londra dal 1825 al 1832 ed è altrimenti noto come Diamante
gufo o gufetto per le striature scure del capo e la distribuzione dei
disegni della testa.
Ha una lunghezza di 9 - 10 centimetri ed un dimorfismo sessuale appena
accennato, che lo rende riconoscibile soltanto ad un occhio molto esperto.
Le parti superiori appaiono di un grigio-brunastro con leggere ondulazioni
scure, formanti un soffuso disegno semicircolare avvolgente il dorso.
Le ali sono della stessa colorazione del dorso, ma molto più
scure ed evidenziano un disegno delicato, simmetrico e suggestivo, formato
dalle piccole perlature bianche, poste nella parte esterna delle remiganti
di primo e secondo ordine.
Il groppone riprende lo stesso colore e disegno del dorso, mentre il
sopracoda è bianco.
Le timoniere sono nere, così come la barra semicircolare che
delimita il petto dal ventre, quest’ultimo di colore bianco leggermente
sfumato di un giallo pallido.
È,
invece, di un bianco candido e senza alcun’infiltrazione di disegni
o di melanina, il petto, ben circoscritto fra la striscia nera del ventre,
e quella, sempre dello stesso colore, che scende dal becco formando
un disegno circolare fino al petto.
Le parti racchiuse all’interno di questo disegno espresso nella
parte superiore, e cioè: le guance, il mento, la gola, la zona
auricolare, le sopracciglia, sono di un accattivante bianco argenteo,
ancor più valorizzato e messo in risalto dal piccolo becco grigio
argenteo e dalle attaccature nere della striscia, che partendo dall’attaccatura
della mascella superiore, formano una “V” sulla fronte.
L’estensione maggiore o minore di questa “V”, così
come l’ampiezza della striscia del petto dovrebbero essere i criteri
distintivi dei due sessi, che nella femmina disegnata più sottilmente,
ma il confine fra un brutto maschio, o una bella femmina è molto
sottile.
La mia personale esperienza mi porta anche a prendere in considerazione
una maggiore concentrazione di sfumature grigie nelle guance e nelle
zone auricolari della femmina, in contrapposto ad una maggiore pulizia
di lipocromo del maschio.
Il corpo
ben proporzionato e tondeggiante della testa, petto, ventre, completano
la descrizione di quest’uccellino, che malgrado sia privo delle
tipiche colorazioni sgargianti dei Diamanti australiani, riesce ad esprimere
un fascino emozionante, grazie alla gradevolezza del piumaggio ed all’originalità
dei disegni.
Proprio questo delicato piumaggio, è il tallone di Achille del
Diamante del Bicheno; basta, infatti, la mancanza di una semplice remigante
a spezzare il disegno delle ali, così come l’assenza di
qualche piuma a scomporre il disegno del dorso.
Appare palese, che il soggetto in questione, per non rovinarsi il piumaggio,
deve essere preventivamente abituato alla gabbia da mostra, al fine
di farlo familiarizzare con le ridotte dimensioni di quest’ultima,
visto che gioca la sua carta vincente nella sericità e brillantezza
del piumaggio, nonchè nella pulizia, regolarità e precisione
dei disegni.
Il
canto, per niente armonioso, è formato da tonalità basse
e accompagna la tipica gestualità danzante degli Estrildidi.
In natura il Diamante del Bicheno, preferisce costruire il nido nei
cespugli o in fitti arbusti, conferendogli una forma circolare e mettendo
all’interno, un piccolo corridoio discendente.
In cattività riesce ad abituarsi tranquillamente alla cassettina
da nido che imbottisce con copioso materiale, adattandosi anche alla
comune juta.
È indispensabile che la femmina abbia a disposizione una buona
dose di Sali minerali, gritt e ossi di seppia, atti a favorire una buona
formazione del guscio d’uovo. In mancanza, non sarà raro
assistere a deposizioni con uova fragili o formate solo dal tuorlo,
oppure, nei casi più gravi, veder debilitare l’uccellino
per questa mancanza d’integrazione calcica.
Le uova, generalmente quattro-sei, vengono covate dalla coppia con assiduità
per 11-13 giorni ed i pullus allo stato libero, vengono alimentati con
semi immaturi e piccoli insetti.
In gabbia si adatta ben volentieri al pastoncino morbido all’uovo
ed ai comuni semi germinati che si forniscono agli Estrildidi, pertanto
l’integrazione di natura proteico animale, po’ essere non
adottata.
Una coppia che evidenzia un buon affiatamento, può allevare con
facilità anche per tre covate all’anno, quindi è
preferibile, onde eludere il ricorso alle balie, che i partner abbiano
la facoltà di potersi scegliere fra loro, magari facendoli riprodurre
in colonia, dove riescono a dare il meglio di loro.
In mancanza di queste possibilità, le nutrici di Passero del
Giappone, accettano anche di buon grado i pullus di Bicheno, portandoli
avanti fino allo svezzamento.
In
relazione con gli altri uccelli si dimostra socievole e modesto, pertanto
non crea problemi di convivenza all’interno delle voliere.
Si raccomanda di fornire a disposizione giornaliera, l’acqua per
le abluzioni, da ritenersi necessarie per mantenere in ordine il già
delicato piumaggio e di sottrarli agli inverni rigidi del nostro paese,
evitando esposizioni al di sotto dei 10 °C, in locali molto umidi.
In ibridazione il Diamante del Bicheno si comporta più che dignitosamente,
ma non fornisce alla prole colori sgargianti, quindi è leggermente
penalizzato rispetto ai suoi colleghi, magari ammantati di rosso. Inoltre,
è anche poco usato, per cui le strade da percorrere sono molte
ed inesplorate.
Degno di menzione è l’ibrido ottenuto con il Diamante mandarino
grigio guancia nera, che stupisce l’osservatore sia per la forma
che per la pulizia e nettezza di colori e disegni.
Il Diamante del Bicheno è indole tranquilla e timida; nel tempo
familiarizza con l’allevatore non dimostrando alcuna paura dell’uomo.
Ivo Ginevra
Mutazione allevata
da Giuseppe Campo: bruno