DIAMANTE CODALUNGA X DIAMANTE MANDARINO
Ho da sempre sostenuto che i soggetti da destinare all'ibridazione devono essere di gran lunga i più tipici e belli della loro razza. Soltanto degli ottimi genitori, infatti, possono trasmettere alla prole ibrida queste caratteristiche che per di più hanno bisogno d'individuarsi abbastanza facilmente, pena la qualità del soggetto. Appare dunque evidente, che nella costruzione di un ibrido sia esso fine a se stesso o alla traslazione delle mutazioni, l'allevatore è costretto a dedicare il massimo dell'attenzione cominciando dalla scelta della coppia riproduttrice che deve essere "quanto di meglio" si possa trovare in giro. Io personalmente sono ossessionato da questo principio e da sempre girovago fra allevamenti e mostre alla ricerca del …. “quanto di meglio”. L’ibrido di Diamante codalunga x Diamante mandarino, di cui parleremo appresso, è il frutto del mi ricercare nelle mostre; infatti, il papà, nella specie un Diamante codalunga, l'acquistai nel pellegrinaggio annuale alla Mecca dell’ornicoltura mondiale, in altre parole l’esposizione ornitologica internazionale di Reggio Emilia. Con appena settantamila delle vecchie lire riuscii a portare via il vincitore della categoria, stupendo in tutto, un vero campione con 93 punti assegnati da uno dei migliori Giudici in carriera. Non sapevo ancora con chi accoppiarlo, ma un soggetto così bello dovevo assolutamente averlo. La sua compagna, dopo un anno trascorso invano nella ricerca di una femmina che stesse alla sua altezza, la trovai sempre in un altro dei tradizionali pellegrinaggi, nella fattispecie: il Campionato Regionale Siciliano. In quella mostra vidi una bellissima femmina di Diamante mandarino, molto tipica per la sua specie e particolarmente buona di taglia. In ossequio ad una delle regole dell’ibridazione che vuole la taglia dell’ibrido trasmessa dalla madre, mi persuasi che con una femmina di tal fatta i problemi erano in gran parte risolti e quindi, non potevo lasciarmela sfuggire. Informatomi su chi era il proprietario, compresi subito che era molto difficile da acquistare.Comunque, anche se l’osso duro in questione era il Sig. Pippo Campo, iniziai un pressing asfissiante che alla fine lo costrinse, pur di non sentirmi più parlare, a cedermela e addirittura senza neanche pretendere in cambio soldi o scambi vari, basta che la finissi con le mie insistenze. Pippo mise solo una condizione con tono imperioso: “Te la do soltanto dopo che la espongo al Campionato Italiano di Bastia Umbra”. In quell’occasione, cedermela fu per lui ancora più difficile, perché vinse facente parte di uno stamm con 92 punti; ma la parola era data….. e la grande amicizia appena agli inizi. Mi accingevo così a fantasticare sulla realizzazione del più classico, del più tentato, del più storico e del più facile degli ibridi fra uccelli esotici. Alla fine dei pellegrinaggi e dopo un anno di solitudine, il Codalunga trovò la compagna dei miei desideri, diventati ormai anche suoi perché dopo un anno di eremo senza vedere nessuna femmina, era indubbiamente disposto ad accettare qualsiasi consorte che gli fosse proposta.E fu così: appena la misi in gabbia il Diamante codalunga tentò di prenderla con la forza, ma abbandonò subito tale obiettivo perché la Mandarina sapeva difendersi abbastanza bene. Ciò nonostante il nostro Codalunga non demorse, cambiò strategia e tenendo nel becco uno sfilaccio di juta si esibì nella migliore delle danze possibili, corteggiando la femmina e sfoggiando in continuazione la bavetta degna di un Campione Internazionale. Dimostrò, inoltre, d'essere anche un marito ideale ed un affidabile padre per la sua figliolanza, tant’è che costruì, nelle comuni cassettine di legno, un nido perfetto e degno della migliore maestranza in materia, ed occupatolo in pianta stabile, non faceva altro che rivolgere alla femmina dei continui inviti ad entrare. La Diamantina, dapprima ritrosa, cominciò a subire il fascino dei “calzoni” e ben presto si arrese alle lusinghe del Codalunga. Nella prima covata ebbi solo due uova feconde che non si schiusero. Nella seconda, su sei uova risultarono tutte feconde ma non se ne schiuse neppure una, nella terza ed ultima covata, anch’essa di sei uova, sotto le mie imprecazioni in fase di speratura, soltanto due uova erano feconde. Queste si schiusero al tredicesimo giorno, e nella stessa mattinata telefonai a Pippo per comunicare il lieto evento, ma lui affettuosamente mi gelò subito, dicendomi: “Stai attento, perché la mamma di questa Diamantina non era una brava allevatrice, tant’è che l’ho fatta svezzare dalle balie”. La parola "balie" mi fece trasalire e mi gettò quasi nella disperazione: perché in allevamento avevo soltanto delle balie che erano fuori dal ciclo riproduttivo. Soltanto una coppia sostava un poco dentro al nido ma non aveva deposto alcun uovo e pertanto era inaffidabile. Giunto in allevamento le mie paure trovarono la certezza: i due pullus erano più morti che vivi. Passai due ore al telefono per cercare un amico che avesse la possibilità di far svezzare le mie creature sotto le sue balie, ma tutte le risposte erano negative. Allora li presi subito in mano, con la forza della disperazione li affidai alla coppia di balie di cui sopra e imprecando uscii dall’allevamento promettendomi di non ritornare prima dell’indomani. Il giorno dopo, aprendo con trepidazione la cassettina nido delle balie, vidi con stupore i due piccoli con il gozzo pieno e lì la mia felicità esplose con il famoso gesto dell’ombrello. I miei Passeri del Giappone furono stupendi, li ho amati come figli facendomi crescere due uccelli sani, forti, e tranquilli. Ero riuscito a realizzare, spendendo pochi soldi, quello che dalle premesse era un ibrido bellissimo, ma si doveva aspettare la muta del piumaggio, prima di poter cantare vittoria. I due ibridi erano un maschio ed una femmina ed evidenziavano nettamente il dimorfismo sessuale ereditato dai geni del Diamante mandarino ma, proprio a fine muta, presi un altro dispiacere: la femmina ibrida passò improvvisamente e senza alcun segno premonitore, a miglior vita. Gioie e dolori dell'ibridazione. Lasciando da parte la storiella appena narrata che ha avuto come lieto fine il terzo posto classificato al Campionato Italiano 2003, parliamo tecnicamente di quest'ibrido ed in particolare di quella che è la sua vera difficoltà di realizzazione, visto che le tematiche comuni come ad esempio, l’alimentazione, l’accoppiamento, la muta ecc. non destano alcun problema grazie alla notevole affinità che intercorre fra i genitori. Il vero problema, anzi l’unico, è quello di avere la fortuna che tutti i fattori “fortemente caratterizzanti”, siano trasmessi alla prole ibrida con armonia, bellezza di colori, forme e disegni. La frase fortemente caratterizzanti”, che ho preso indegnamente in prestito dall'ottimo Giovanni Ficeti, è la migliore espressione possibile che sintetizza le reali difficoltà dell’ibridazione in genere, perché l’ibrido è soltanto la capacità espressa in fascino dell’aggraziata combinazione di tutti gli “elementi fenotipici” delle specie da cui ha origine. Questi “elementi fenotipici” e"Fortemente caratterizzanti” trasmessi dal Diamante codalunga al nostro ibrido sono principalmente: la bavetta, la striscia nera che collega l’occhio al becco (cd. redini), il calzone e chiaramente la coda allungata, oltre il colore rosso corallo del becco. Discorso molto diverso e di gran lunga più complicato è invece quello proveniente dall’altro genitore, proprio perché quest’ultimo è quanto di più ricco si possa volere per trasmissione di caratteri fenotipici. Il Diamante mandarino, quindi, deve trasferire all’ibrido : il disegno della guancia, la striscia dell’occhio, la striscia del becco con la zona bianca compresa fra le due strisce, le zebrature con la barra pettorale, il disegno del fianco ed il disegno della coda, oltre ai colori ricchi di eumelanina e feomelanina. L’unica cosa che entrambi i due genitori riescono facilmente a trasmettere alla prole ibrida è soltanto il rosso corallo del becco ed il rosso arancionato delle zampe proprio perché entrambi possiedono una forte carica di lipocromo proprio in queste parti comuni, per il resto bisogna solo sperare che tutta questa ricchezza di disegni non si vada a “pasticciare” creando un ibrido dall’aspetto mediocre.Guardando l’ibrido nell’ereditarietà dei fattori “fortemente caratterizzanti” che giungono dal Diamante codalunga, noteremo di solito la trasmissione della forma e della taglia e ciò indipendentemente dal sesso del genitore usato per l’ibridazione. Quest’aspetto sovverte un po’ la regola che vuole la taglia dell’ibrido trasmessa dalla madre ed è chiaramente da consigliare un'accurata ricerca nella scelta del Codalunga, ma senza tralasciare l’importanza della taglia del Diamante mandarino che in ogni caso deve essere ottima. Purtroppo il dorso, non mette in evidenza il pregevole colore grigio azzurrato della testa e della nuca che “ben si stacca sul bruno scuro delle ali e bruno ruggine del dorso”. Questo stacco caratteristico e peculiare del dorso del Codalunga, disgraziatamente si perde in una colorazione grigio-brunato abbastanza uniforme che per fortuna mantiene un aspetto gradevole perché di tonalità calda. Si perde del tutto il tipico colore violaceo del petto, mentre il caratteristico colore bianco del sopracoda, riesce pienamente ad affermarsi. La bavetta nera il più delle volte resta piccola ed in ogni caso non è mai così estesa come nel genitore. Le redini al contrario sono ben marcate di nero e con i contorni netti. Il portamento è tutto del Diamante codalunga.Passando all’esame dei fattori“fortemente caratterizzanti” trasmessi all’ibrido dal Diamante mandarino noteremo subito che il discorso è più complesso per via di tutti i disegni e colori tipici della Taeniopygia guttata che talvolta si affermano come nel caso della striscia nera dell’occhio e del becco che resta di un bel nero marcato, e talora scompaiono o sono leggermente accennati, come il disegno del fianco o il singolare disegno a riquadri trasversali bianco e nero delle penne della coda. La barra pettorale generalmente mantiene soltanto un accennato e timido colore nerastro e le zebrature sono pressoché inesistenti se non per qualche traccia nel sottogola che né fa intuire la presenza. Il disegno vagamente triangolare ad angoli arrotondati della guancia riesce invece, ad essere presente con una leggera riduzione della feomelanina bruno-arancio. Il ventre bianco mantiene una colorazione leggermente sporca di bruno nella parte superiore, mentre sparisce del tutto scendendo verso il basso ed al suo posto vedremo estendersi il piacevole colore bruno-crema del sottocoda. Da un primo esame sembrerebbe che la trasmissione genetica del genitore Diamante mandarino sia secondaria a quella dell’altro genitore Diamante codalunga, ma l’impronta della testa con guancia, con strisce dell’occhio e del becco e con il mantenimento della zona bianca compresa fra queste, sono degli elementi fenotipici che caratterizzano non poco il soggetto ibrido. Le cose, invece, cambiano parecchio se si usa nell’ibridazione un Diamante mandarino maschio di tipo sesso legato, come ad esempio il mascherato perché riesce a dare femmine di una calda tonalità bianco-crema, o di tipo diluito, che essendo un fattore a trasmissione ereditaria dominante, conferisce agli ibridi indipendentemente dal sesso, una piacevole colorazione pastello. In quest’ultimo accoppiamento, addirittura i segni distintivi del mandarino sono più visibili che nell’ibrido proveniente dal tipo ancestrale, in particolar modo il disegno dei fianchi che appare chiarissimo. Ancora poco provata e studiata è l’ibridazione con il Diamante codalunga mutato, che offre inoltre la possibilità di comminarsi con tutte le varie mutazioni del Diamante mandarino, ma è fuor di dubbio che i pochi risultati ottenuti sembrano essere molto accattivanti. Per concludere una semplice e scontata raccomandazione : usate sempre per questa ibridazione il Diamante codalunga della sottospecie Heki perché il ricco lipocromo rosso corallo del becco viene rafforzato dal rosso del Diamante mandarino che interamente riportato nell’ibrido, rappresenta il fascino assoluto di questa creazione. Ivo Tiberio Ginevra
- Pubblicato su Alcedo n. 11 anno 2003 - foto Alcedo |